Tu sarai Madre!
Quando l’anima incontra la Grazia ha meno paura, quando la vita dona un figlio si diventa forti, quando una “mamma” dona la vita, questa si tinge di bellezza
Il vero rinnovamento parte da un’azione tanto semplice ma tanto sottovalutata: l’Amore. La Solennità che celebriamo oggi, come 1 giorno dell’anno, vede una figura che dona ai cuori, tanta serenità, pace, conforto, che infonde speranza tra le miserie del mondo, che è luce e guida per gli sventurati, stiamo parlando del nome dato a Maria, quale “Madre di Dio”. La sola espressione riempie, dà forza, valore, colore, spessore a parole limitate, vuote, umane, che tentano, arrancando qualche concetto teologico, di definire, descrivere e dire dell’immenso valore contenuto in questo atto, la maternità! Essere Madre, quale sublime dono la vita può offrire ad una donna, ad una coppia che si ama. Maria, Madre di Dio, la Theotòkos (greco Θεοτόκος) Colei che dal Suo grembo verginale darà alla luce il Figlio dell’Altissimo, Dio anche Lui. Madre di Dio, titolo rivendicato per la Vergine nel Concilio di Efeso (431 d.C.) contro Nestorio, che asseriva Maria madre solo dell’umanità di Gesù. Maria è veramente Madre di Dio perché è la madre di Gesù (Gv 2,1; 19,25). In effetti, colui che è stato concepito per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio, è il Figlio eterno di Dio Padre. È Dio egli stesso. Dopo questo Concilio si registrò una vera esplosione di devozione mariana e furono costruite numerose chiese dedicate alla Madre di Dio. Tra queste primeggia la Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma. La dottrina concernente Maria, Madre di Dio, trovò inoltre nuova conferma nel Concilio di Calcedonia (451) in cui Cristo fu dichiarato “vero Dio e vero uomo (…) nato per noi e per la nostra salvezza da Maria, Vergine e Madre di Dio, nella sua umanità” (cfr., DS, n. 301). Com’è noto, il Concilio Vaticano II ha raccolto in un capitolo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, l’ottavo, la dottrina su Maria, ribadendone la divina maternità. Il capitolo s’intitola: “La Beata Maria Vergine, Madre di Dio, nel mistero di Cristo e della Chiesa”.
Non desideriamo rendere teorica la ragione di questa tra le tante meravigliose solennità dedicate a Maria, intendiamo oggi, ora, rivolgerci a Lei, come ogni figlia fa con la sua mamma dalla quale riceve, amore, calore, comprensione, cura, tenerezza, dolcezza. Il titolo di Maria Madre di Dio è il fondamento razionale e teologico capace di suscitare la più intensa, la più fruttuosa affettività verso la Vergine Santa. Qui sta la grandezza vertiginosa di Maria. Lei, per il fatto di essere Madre di Dio, è la nostra Mamma celeste, è la Mediatrice di tutte le grazie, è l’Immacolata, è l’Assunta in Cielo in anima e corpo, è il vertice di ogni altra umana grandezza. S. Bonaventura esclama: “Dio potrebbe fare un mondo, un cielo più grande di questo cielo e di questo mondo; ma fare una Mamma più grande della Madre di Dio, è impossibile”. In questo giorno viene abbinato a Maria un ricordo sottolineandolo come “Giornata mondiale della Pace”; ma quale uomo può ritenersi degno di Dio? Non si tratta solo della dignità morale, perché la domanda si può e si deve formulare in modo più proprio e originario dicendo: quale creatura finita può stimarsi degna di stare di fronte a Dio? La sproporzione fra infinito e finito, eterno e temporale, assoluto e relativo, è radicale. Sotto questa prospettiva appare ancora più sublime il mistero dell’accondiscendenza di Dio che, per misericordia, contrae la propria potenza nella debolezza di una carne umana. Nel racconto evangelico il paradosso dell’Incarnazione si pro-lunga, diventa sistema. Non si ferma al segno (cfr., Lc 2,12) deposto nella mangiatoia, ma si estende anche ai suoi testimoni. La consapevolezza della nostra indegnità non deve paralizzarci. Primo, perché Dio stesso ha colmato la distanza in Gesù. Secondo, perché primi destinatari dell’annuncio evangelico sono i pastori. In loro possiamo riconoscerci. Da loro possiamo attingere speranza. La solennità che oggi è celebrata ha come oggetto chi di questa vicenda di benevolenza fu collaboratrice: Maria, venerata con il titolo di «Madre di Dio». L’orazione di colletta ne celebra il ruolo: “nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita”. Nella lettera ai Galati l’apostolo dice questo ruolo affermando la storicità dell’incarnazione (cfr., Gal 4,4-5). Il dono che Maria ha fatto all’umanità rendendosi “mezzo” è che con la sua maternità si colma, in Gesù, la distanza fra Dio e uomo. Con la sua maternità entra nella storia il Figlio di Dio perché noi siamo assunti a dignità di figli di Dio, in virtù dello Spirito Santo che ci ha donato. È questa dignità l’oggetto della seconda parte della lettera di Paolo. Per essa noi possiamo rivolgerci in termini confidenziali a Dio (cfr., Gal 4,6). Per essa riconosciamo che di fronte a Dio non siamo schiavi ma figli ed eredi (cf Gal 4,7).
La benedizione chi ci raggiunge!!! Attraverso questa chiave di lettura si può rileggere la benedizione di Aronne. Dove il testo dei Numeri dice “ti benedica il Signore e ti protegga” (Nm 6,24) si potrebbe molto liberamente dire “il Signore ti benedica ed estenda la sua cura su di te”. È lui il Signore della sto-ria e delle nostre storie, e, come padre provvidente, si prende cura di noi. La benedizione è data al popolo, e cioè alle persone. Alla luce delle affermazioni paoline, la benedizione di Aronne è un invito a tutti all’affidamento e all’abbandono in Dio nella fede: Dio ha cura di noi, come padre provvidente dei propri figli. Sia questo anno che comincia un anno nel quale si riscopre il senso del dono, il valore della gratuità, dell’opportunità nell’incontro della diversità, un anno nel quale si possa rimanere saldamente ancorati a quei semplici, ma puri sentimenti, che profumano di purezza, di verità, di semplicità, così come Maria, Madre di Dio e Nostra ce lo indica con la Sua vita.
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