Quella di Teresa, se si riflette bene, è la storia del suo bisogno e del suo potere di amare. È sulla base di questo amore, carisma ricevuto dalle mani di Dio, che poggia la gioia e la pienezza della vita di questa donna. Tale bisogno d’amare è la sua vocazione a comunicare con il Tu di Dio e a rapportarsi agli uomini in quella realtà che chiamiamo amicizia, culmine dell’amore vissuto dalla mistica d’Avila. Amore e amicizia costituiscono il tessuto vitale della vita di fede di Teresa, del suo atteggiamento esistenziale verso Dio e i fratelli. È la sua vita di preghiera, un’unica vita, per nulla distinta dalla vita quotidiana. Non è facile parlare dell’amore, dell’amicizia e del loro intimo rapporto. Si rischierebbe di cadere nel generico o di non esaurire o approfondire sufficientemente l’argomento prefissato.
Tra le tante figure che possono essere ragione di stimolo alle realtà celesti, che possono essere un vero invito ad alzare lo sguardo dalle proprie fragilità, quella di cui oggi vi vogliamo parlare, è per noi ragione e motivo di profonda speranza ed emozione. Chi è la figura di cui ci occupiamo è ben conosciuta, ci vogliamo soffermare su alcuni degli aspetti che pensiamo possano attirare riflessione ed essere motivo di gioia e gratitudine. Per fornire qualche cenno delle sue origini, diciamo che Teresa d’Avila, o di Gesù, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada (nata ad Avila il 28 marzo 1515 e passata alla Patria Celeste ad Alba de Tormes, la notte tra il 4 e il 15 ottobre 1582), è stata una religiosa e mistica spagnola. Entrata nel Carmelo de la Encarnación di Avila a vent’anni, scappata di casa, dopo un travagliato percorso interiore che la condusse a quella che definì in seguito la sua “conversione” , a trentanove anni, divenne una delle figure più importanti della Riforma cattolica grazie alla sua attività di scrittrice e fondatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi e grazie alla fondazione di monasteri in diversi luoghi di Spagna, e anche oltre (prima della sua morte venne fondato un monastero di Scalzi a Lisbona). Morì ad Alba de Tormes nel 1582 durante uno dei suoi viaggi. Fu autrice di diversi testi nei quali presenta la sua dottrina mistico-spirituale e i fondamenti e le origini del suo ideale di Riforma dell’Ordine carmelitano. La sua opera maggiormente celebre è “Il castello interiore”, intitolato anche Mansioni, itinerario dell’anima alla ricerca di Dio attraverso sette particolari passaggi di elevazione, affiancata dal “Cammino di perfezione”, e dalle “Fondazioni” nonché da molte massime, poesie e preghiere, alcune delle quali particolarmente celebri.
Proclamata beata nel 1614 e poi santa da Papa Gregorio XV nel 1622, fu annoverata tra i dottori della Chiesa nel 1970 da Paolo VI, insieme a Caterina da Siena. Del suo enorme bagaglio spirituale che possiamo leggere dai suoi scritti, tocchiamo due temi che tra loro rappresentano una sintesi perfetta del suo testamento spiritual lasciato alla modernità: il concetto di rapporto in intimità col Dio della vita e il suo profondo senso di amicizia nel dialogo con Dio. L’amicizia è la perfezione dell’amore. L’amore presenta delle caratteristiche inconfondibili: il desiderio di godere la presenza dell’amato e di starsene con lui; la benevolenza, quale movimento interiore per procacciare il bene della persona amata; infine, la concordia, espressione migliore e completa della pace, che crea sintonia tra l’amante e l’amato sul piano dell’affetto e della volontà. In questa comunione di vita creata dall’amore di amicizia vi sono tre gradi: l’amicizia utilitaristica, quella dilettevole o di piacere e quella onesta o disinteressata, fondata sulla virtù: cioè la comune ricerca del vero e del bene. Quest’ultima non si fonda sull’utilità o sul piacere che può derivare dall’altro, m a è gratuita, disinteressata. Poggia sulla donazione totale di sé all’altro, senza condizioni o riserve di sorta e si esprime attraverso la mutua conversazione e la manifestazione vicendevole della propria intimità, la totalità e la definitiva comunione dei beni individuali, e l’agire concordemente. La carità, o semplicemente l’amicizia si realizza al termine d’un lungo cammino affettivo e di volontà tra due persone che si amano. Questo amore d’amicizia s’identifica, allora, con l’amore di benevolenza o amore di dilezione, ossia quell’amore per il bene dell’amato quando è reciproco. Amore di sé, amore dell’altro, amore di Gesù, amore del Padre, amore umano e amore divino: tutto costituisce un amore unico e unificante tutta l’esistenza, tu tta la tensione, tutta la comprensione e il fine dell’uomo. Uno è dunque l’amore, uno il Figlio, uno il soffio vitale dello Spirito santo, una la vita, uno l’amore di amicizia, la sintesi tra èros e agape. Unico è l’amore verso Dio e verso il prossimo. Un amore capace di donare la propria vita, alla stregua dell’amore di Gesù. L’amore di Dio genera e accresce l’amore fraterno. Sicché l’uomo non può amare l’altro uomo in modo perfetto se Dio non interviene come intermediario.
Teresa si era posta alla sequela del Cristo, Verbo incarnato, con una particolare sottolineatura della sua Umanità, vedendo in Lui la carità gratuita di Dio che si dona, salva, libera e mette in comunione con le divine Persone. Per tutta risposta al progetto d’amore del Padre nel Cristo Teresa si dona incondizionatamente, senza riserve, né misure, completamente, e si pone alla sequela del Cristo Uomo, rivelazione dell’amore meraviglioso del Padre. Nella rivelazione della carità divina, cioè di Gesù Cristo, Uomo e Dio, Teresa coglie due elementi essenziali alla sua vita d’amore. Il primo punto è che “la carità è il vincolo della perfezione” (Col 3,14). Qualsiasi cosa faccia o desideri, Teresa assoggetta la sua vita, le sue azioni, il suo comportamento alla legge ultima che è il Cristo, esprimendo così l’amore divino che racchiude tutta la perfezione umana e cristiana. Parlare e vivere questo tipo di amore, questo tipo di relazione prevede ed include un solo ed unico atteggiamento di fondo, la fiducia, l’abbandono dell’io e la donazione totale di sé. In Santa Teresa queste caratteristiche sono in perfetta sintonia tra loro, non come atteggiamento passivo ma quale via per procedere speditamente nel cammi9no della perfezione per andare incontro alla Verità. Una mistica senza umanità rimane lettera morta, così come la preghiera senza anima e senza coerenza resta solo atto liturgico.
Ringraziamo la Provvidenza che dona nel tempo e al mondo figure che sono semplici el loro messaggio che non indottrinano, che non mentono sulla veridicità del percorso, che non creano ambiguità ma sono spinta, luce, guida per coloro che cercano di comprendere quale dialogo attuare col Dio della Vita.
Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa