“Quale grande risposta d’amore troviamo in quella meravigliosa giovinetta che fu la vostra santa Rosa! Essa, pur nella mutazione dei tempi, si presenta ancor oggi come modello per le ragazze e per le giovani, invitandole a comprendere a fondo, nella loro vita, l’assoluto di Dio in una piena donazione d’amore al di là di ogni rispetto umano!” (Papa Giovanni Paolo II, Omelia durante la visita pastorale a Viterbo, 27 maggio 1984).
La figura che oggi abbiamo a cuore di presentare, è una bellissima giovane ragazza che splende nel tempo, una giovanissima laica consacrata vissuta in una città cara al nostro cuore, ovvero Viterbo nel Lazio. Diverse ragioni spingono alla scelta di proporre figure come quella della giovane Rosa, soprattutto per il candore del cuore e per la fermezza di fede. Rosa venne alla luce il 9 luglio del 1233 da una famiglia di modeste origini a Viterbo. Alla nascita le riscontrarono un difetto di salute: era nata senza l’osso dello sterno. Intorno ai 16 anni si ammalò gravemente. Guarì miracolosamente sotto l’intercessione del Serafico san Francesco. Decise di seguire, come lui, Cristo povero e Crocifisso. Chiese di entrare tra le Clarisse di Viterbo, a causa della sua precaria salute non fu accettata. Desiderosa di essere parte della famiglia francescana entrò allora nel Terz’Ordine Francescano secolare. Questo, Rosa, bramava di fare nella sua vita: essere Apostola di Cristo per le strade di Viterbo! Così come aveva fatto Francesco. Indossò abiti semplici e con una piccola croce tra le mani, predicava il Vangelo richiamando tutti gli uomini e donne alla vera conversione. In quegli anni, avvenne una lite tra il Sommo Pontefice e l’imperatore Federico II. Quest’ultimo la condannò all’esilio e solo dopo la sua morte, nel 1250, ella poté rientrare nella sua Viterbo e qui rimase fino all’incontro con sorella morte: era il 6 marzo del 1251. Il suo desiderio di essere anche figlia di Santa Chiara, fu esaudito dopo la sua morte: il corpo, rinvenuto intatto, fu trasportato nel monastero delle Clarisse di Viterbo il 4 settembre 1258 e lì riposa ancora.
Visse, come abbiamo già detto, seguendo la spiritualità di San Francesco, impegnandosi soprattutto nella misericordiosa opera di riconciliazione tra persone e famiglie. Mostrò un carattere forte e deciso, nel predicare contro i catari, e difendendo il Papa nella lotta tra guelfi e ghibellini. Il podestà di Viterbo la esiliò insieme alla sua famiglia, ma Rosa non interruppe il suo predicare. Alla morte dell’imperatore Federico II, nemico del Papa, poté tornare a Viterbo, dove morì. Nonostante sia da molti considerata una santa, Rosa non ha mai visto terminare il suo processo di canonizzazione, che iniziò l’anno seguente a quello della sua morte, per poi essere interrotto e ripreso solo nel 1457, sotto Papa Callisto III. Nemmeno in quell’occasione la Chiesa aggiunse ufficialmente Rosa alla schiera dei Santi (il processo non fu finalizzato), ma si spera che il processo di canonizzazione di questa donna trovi finalmente il suo buon esito durante il pontificato di Papa Francesco. A discapito della mancata canonizzazione ufficiale, Santa Rosa ha sempre avuto un culto vivido e seguito tra il popolo. Ma anche i rappresentati della Chiesa gli hanno riconosciuto la sua importanza, basta pensare che lo stesso Papa Giovanni Paolo II, in un discorso del maggio 1984 l’ha descritta come un “modello per le ragazze e per le giovani” che le invita “a comprendere a fondo, nella loro vita, l’assoluto di Dio in una piena donazione d’amore al di là di ogni rispetto umano”.
A Viterbo e dintorni si trovano facilmente raffigurazioni di Santa Rosa, in genere ritratta con gli abiti dell’ordine francescano ed una corona di rose posta sul capo. Il momento della ricorrenza della sua memoria è stabilito al 4 settembre, giorno in cui viene celebrato l’anniversario della traslazione del corpo della santa. L’unica città di cui è patrona è la stessa Viterbo che le diede i natali, e che ogni anno organizza una festa in suo nome. Già dalla sera della vigilia (3 settembre), viene trasportata in spalla da cento Facchini la spettacolare Macchina di Santa Rosa, un artistico campanile sormontato dall’immagine della santa composto per l’occasione, che viene rinnovato ogni 5 anni. La Macchina di Santa Rosa è alta ben 28 metri e pesa circa 50 quintali, ed il suo trasporto dà vita ad un vero e proprio spettacolo processionale. Ecco l’aspetto più caratteristico di questa devozione: è stata la Prima santa laica invocata dal popolo, secondo la Tradizionale Macchina di Santa rosa trasportata dai cosiddetti “facchini di Santa Rosa”, 100 uomini che trasportano a spalla una struttura pesantissima per le strette vie di Viterbo, contenente in cima alla struttura le reliquie della giovane santa. Tutto questo può dare l’idea di una semplice spettacolarizzazione devozionale, ma invece dietro questo gesto faticoso simbolico, si nasconde il modo umile e semplice per dire “grazie” a questa piccola gigante per fede e umiltà di vita, che è la Patrona della Città di Viterbo. Per concludere il nostro breve viaggio accanto a questa piccola donna, una vera rivoluzionaria per la sua epoca, citiamo alcune frasi pronunciate dal Capo dei facchini durante il trasporto della famosa Macchina di Santa Rosa, trovando in esse una meravigliosa sintesi. “Siamo tutti un sentimento”: vivere una fede significa aver compreso il valore e il dono dell’appartenenza, dell’essere parte attiva di una comunità. Il sentimento di cui si fa menzione è quello dei figli che aspettano che seguono che ambiscono all’intima comunione. Essere tutti un unico sentimento che intende essere uniti nella condivisone delle stesse gioie e delle stesse speranze custodite nel cuore e che si attende di vivere in pienezza. “Per Santa Rosa, avanti!”: amare qualcuno, provare un sentimento di gratitudine include anche sacrificio, senso di donazione di quello che si può offrire per dire della gratitudine, per dire dell’amore ricevuto e donato. Andare avanti nonostante la fatica, nonostante la paura di fallire, nonostante il dubbio. La fede, così come l’amore sono generatori di altra vita, di altro amore che fruttifica e raggiunge il suo apice, il suo livello massimo solo là dove lo si offre senza nulla aspettarsi in cambio. Amare, donare, offrire sono il risultato di quello che ognuno porta nel cuore. Santa Rosa da Viterbo, intercedi per tanti giovani che sono alla ricerca del bene e della verità.
Preghiera a Santa Rosa da Viterbo
Signore, Dio eterno e onnipotente, fai che per l’intercessione di S. Rosa da Viterbo, la nostra povera parola, ispirata da Te, sappia efficacemente trovare la via dei cuori.
Concedi ai nostri miseri sforzi una parte almeno delle vittorie che concedesti alla nostra santa protettrice, affinché possiamo insegnare ai nostri fratelli l’amore di Dio, la fedeltà alla Chiesa, la sottomissione filiale al tuo Vicario in terra; concedi che se anche potremo, per grazia tua, trionfare dei nostri avversari, si mantenga sempre nel nostro cuore la più perfetta umiltà. Così sia.
Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa