Il silenzio contemplativo di San Giuseppe
Maestro di fede, di carità, di prudenza
La figura che oggi celebriamo, in questo anno da poco passato, dedicato in modo speciale alla contemplazione delle sue azioni e della sua grazia, rappresenta nella devozione popolare, tante immagini di questo uomo, padre mite, artigiano, ma l’aspetto che desideriamo ancora proporre in questa breve meditazione, sfiora alcune caratteristiche non prescindibili dalla Sua missione: quella dell’essere stato protettore della Famiglia, di Gesù e di Maria, tacendo. Un silenzio che possiamo, senza ombra di dubbio definire contemplativo, che respira il mistero, lo riconosce, lo accoglie e partecipa affinché possa attualizzarsi. Se Dio avesse affidato a qualcuno di noi questa missione, questo compito, quanto chiasso avremmo fatto!!! Avremmo complicato la nostra e l’altrui vita con la presunzione di dover prendere misure decisionali, di intervento particolari, informarci prima di accettare, domande, domande e ancora dubbi e domande.
San Giuseppe non fa nulla di tutto ciò: ha obbedito ai misteri stabiliti per la salvezza avvolto e inserito tutto in una silenziosa solitudine, che rappresenta il sigillo segreto della sua più intima contemplazione del mistero. “Nell’umile quiete che è riuscito a creare in sé e intorno a sé, ha potuto contemplare, indisturbato e in pace, il suo Signore. Se pensiamo alla vita di san Giuseppe, sentiamo che il nostro cuore si rasserena, il nostro spirito viene come sommerso nella pace” (così si esprimeva il Cardinal Anastasio Ballestrero in un suo scritto meditando la figura di questo gigante della fede). Primo aspetto: san Giuseppe maestro di fede perché? La fede non si esaurisce in una conoscenza teorica o dottrinale, deve o dovrebbe esercitare un influsso non sommamente teorico ma pratico incidendo in maniera importante sulla vita dei credenti. In quanto la fede, perché resti viva ed operosa, ha bisogno di un agire virtuoso, che in altre parole significa coerenza e adesione ai principi propri. Senza questa correlazione la fede assomiglierà ad una stella senza vita, o ancora, assomiglierà ad una vita senza anima.
Questa fede che insegna attraverso la figura di questo padre, poi, non può non diventare una fede radicata nella pratica della carità. Immaginiamo una vita senza Amore!!! Come la si potrà definire? Un po’ come la primavera senza i suoi fiori profumati, colorati che illuminano lo sguardo e rallegrano i sensi con gli odori. Cogliere questa sfumatura è molto importante perché ci aiuta a capire che i santi, in generale, che sono i fiori del “giardino del Cielo”, hanno veramente amato e sono vissuti radicati e praticando questo Amore che sprigiona vita, che sprigiona forza e che rappresenta la più elevata manifestazione concreta della “Carità”. Ma san Giuseppe, come ha concretamente amato, come ha espresso questa “carità”? Partiamo da questo semplice principio: san Giuseppe ha molto amato Dio, fidandosi poi alla fine di Lui e in Dio è stato capace di amare gli altri a lui affidati nella custodia e cura. Un pochino come san Paolo, molto più tardi griderà: Chi non ama non è nella carità e la carità non abita in lui! Queste due passioni sono l’essenza del vivere amando, del vivere la carità. Ogni creatura freme e geme di queste due grandi forze lo slancio d’Amore e l’offerta rivolta al Creatore quale tributo da rendere come gesto di ringraziamento. L’amore effettivo, concreto, manifestato nella carità, “Charitatis” sigilla di conseguenza il passaggio finale che versa nell’obbedienza e nella prudenza. Amerai il prossimo tuo come te stesso e così assimilabile al primo grande comandamento Amatevi come io vi ho amati! La carità di san Giuseppe è bella perché non appare, è compassionevole nella sua espressione ma silenziosa, velata da quel desiderio di restare nel nascondimento tipico dei santi, avvolti dallo zelo che li fa ardere per piacere solo a Dio e non per apparire dinnanzi agli uomini. Nel suo cuore illuminato dal suo paterno amore per il Figlio Gesù, ardeva e vibrava quella spontanea comprensione per ogni miseria e fragilità, la comprensione di ogni debolezza, quel fuoco che lo faceva ardere di zelo che fa di lui quel santo speciale che possiamo sentire vicino, che possiamo abbracciare con semplice e ingenua affettività di padre che accarezza le ferite e ne ha cura.
L’ultimo aspetto che cerchiamo di sottolineare è quello della sua “prudenza”! Giunti a questo punto, abbiamo avuto la possibilità di apprendere da questo maestro e mistico, la ricchezza contenuta nella pratica delle virtù di fede, speranza o amore e della carità che raffigurano la struttura dell’edificio ma che ora devono avere il loro rivestimento per divenire opera completa. Parliamo quindi delle “virtù morali” noi citiamo tra tutte la “prudenza” che è la prima delle cosiddette quattro virtù cardinali (le altre tre, come già sappiamo, la giustizia, la fortezza, la temperanza). La prudenza dunque, virtù morale, include e comporta in sé tre cose: la riflessione, il dominio di sé l’ordine! Della prima, la riflessione, possiamo dire che indica e concretizza la calma o l’avvedutezza dell’agire, nell’azione, va ad escludere la fretta, la frenesia avventurosa e la tendenza alla pigrizia di agire. Prudenza dunque come saggezza dove ogni azione si adatta alle varie necessità della vita con docilità, con malleabilità ed equilibrio sano, non indifferente. La forza del dominio di sé rende immuni le nostre attività da superficialità o leggerezze e dal praticare ogni forma di violenza. Non è contemplato nessun capriccio, nessun impeto ma si sottopone alla legge etica e protegge, in verità, dalla distribuzione equa delle forze, delle energie che sono dovere individuale per ogni anima che si professa cristiana ed ecco l’ordine. Vista in questi termini la “prudenza” presiede su tutte le attività dell’umanità ed applicherà un suo preciso influsso nella vita sia individuale che comunitaria o sociale. Così ancora una volta questo maestro di vita, il mite san Giuseppe, ci insegna la calma, in varie situazione che possono avvolgere la vita, così come lo è stata la sua quando nella drammatica umana circostanza saprà di Maria ma non vorrà in cuor suo tradire la sua sposa, e l’Angelo lo aiuterà a porre fine alla sua umana incertezza, oltre che la sua capacità di ascoltare, accogliendola, la voce del Cielo. Modello di prudenza perfetta e pratica, riesce sempre a far coincidere l’altezza della sua dignità cui nessuna creatura può rinunciare, con le reali necessità ed esigenze del suo modesto lavoro di artigiano.
“Servo buono, fedele e prudente, che il Signore prese a capo della sua Famiglia” insegnaci a vivere nella verità dei sentimenti, aiutaci a riscoprire il valore della carità amando, guidaci nei sentieri della vita aprendo a vita rinnovata nella speranza.
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