Nella Giornata del Ricordo della festa della donna, ricordiamo una Donna speciale, specialissima che è Madre e soprattutto Donna, la più grande, tra tutte le donne. La giornata dell’8 marzo, è tappa di riflessioni, sempre costruttive, sulla figura della “donna”, meditando le lotte, le conquiste, sfioranado quei diritti non ancora pienamente applicati, quelle sfumature che la rendono così meravigliosamente unica. Accanto a tante e preziose figure, ci concentriamo su una in particolare, così silenziosa, così dolce, così speciale da sembrare, ed esserlo realmente, Stella che “guida”, conduce misteriosamente nei tratti del vivere, che sa stare in disparte, senza occupare spazi, senza invadere, ma così preziosa e forte nel Suo esserci, questa figura è Maria, Madre di Dio e Nostra. In lei la maternità è radice di vita e porta d’amore e libertà: quella vita femminile condizionata al dolore si trasforma in un volo di gioia; il grido che veniva dal pianto in quello di un canto.
Maria è “la Donna” che cambia il destino di ogni donna futura. Maria vuol dire anche “acqua amara” cioè acqua uterina, asprigna, primo nutriente e completo, gratuito cibo per le sue creature. È Maria la Donna del presepe, la donna che diventa madre andando a compiere il suo destino più forte. “Dal sé all’altro da sé; dal sé al sé come un altro, per accostarvi una categoria filosofica” (cf. Paul Ricoeur). Maria è “l’esperienza del figlio che segna a fuoco la vita di una donna facendo di Maria femmina un giorno e poi madre per sempre, nella stagione che stagioni non sente”, come più tardi sentiremo cantare dalla voce del grande cantautore Fabrizio De André. Sono le doglie del parto a descrivere il dolore che appartiene soltanto alla donna. Non voluto da Dio ma come una realtà che ella va a conoscere proprio quando esperisce la sua immensa grandezza diventando culla di un’altra vita. In Maria il dolore di Eva si trasforma in Magnificat: la maternità è frutto non di condanna né fonte di morte ma radice di vita e porta d’amore e libertà. In Maria quella vita femminile che era condizionata al dolore si trasforma in un volo di gioia; il grido che veniva dal pianto si trasforma in quello di un canto: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,46-49).
Maria ha sempre conquistato il mio cuore. Perché mi ha detto, sempre, che è possibile innamorarsi a tal punto dell’Amore da sconvolgere le proprie vite continuando a vivere nello spazio e nel tempo in cui ci ritroviamo, lei come noi. Perché mi ha detto che non serve essere perfetta o pura o eccelsa perché l’Amore mi ami, basta soltanto affidarcisi, basta solo dire sì. Perché mi ha detto che nella quotidianità si vive l’Amore, nell’essere donne che in ogni tempo e in ogni luogo possono fare la differenza scegliendo ogni giorno la via della femminilità, di quel modo di abitare la vita che è fondato sulla cura, sull’accoglienza, sulla com-passione. E soprattutto perché con questa Madre, speciale, specialissima che è proprio Maria, posso dialogare, posso essere in comunione, posso confrontarmi perché simili, perché abbiamo vissuto le stesse gioie, dolori, affanni, cadute, risate, attese, soddisfazioni. Perché siamo partite allo stesso modo e vissute allo stesso modo. Donna come me. Come noi. Come qualcuno ha detto: “Il mondo è governato più da ideali che da idee; è influenzato più da modelli viventi, concreti che da astratti principi di virtù”. E il modello per eccellenza per le donne cristiane non è l’Amazzone, che si vanta delle sue imprese marziali e delle sue prodezze; non è la donna spartana che pensa che la perfezione femminile consista nello sviluppo della forza fisica a discapito del decoro e della femminilità; non è la dea dell’amore, Venere, le cui seguaci considerano la bellezza delle forme e il fascino personale come il più alto grado di eccellenza femminile; né è la dea della volontà imperiale, Giunone. Fin dagli arbori della cristianità il modello per eccellenza è sicuramente Maria, la madre di Gesù di Nazareth, vero esempio di serva obbediente di Dio, di moglie e di madre! E, per un pregiudizio evangelico, in parte giustificato quale reazione a un laicismo imperante, forse ne abbiamo, in certi tratti, così poca stima. Non possiamo non apprezzare il carattere di Maria che traspare dalla storia sacra. Maria appartiene a quella schiera di donne ispirate dallo spirito di profezia, capace di influenzare coloro che diverranno leader e cambieranno il destino delle nazioni.
La benedetta fra tutte le donne: sei Tu o Maria, Myrhiàm. Sul capo un velo bianco, decorato con una fascia azzurro pastello. Il volto incorniciato da dodici piccole stelle luminose. Le mani giunte, il viso rosa pallido. Le labbra sottili sembrano bisbigliare eterne preghiere al Tuo Signore, Jahvè, Dio Padre, intercedendo per tutti quegli uomini e quelle donne che, devotamente, presso di Te, cercano rifugio e protezione. Entrando in qualsiasi chiesa, basilica o santuario, dalla più antica cattedrale alle più recenti cappelline, questo è solitamente il modus con cui l’iconografia cristiana raffigura quella dolce fanciulla di Nazareth, nel cui ventre, duemila anni fa circa, il Verbo si è fatto carne, assumendo sembianze umane, aprendo le porte della Terra al divino, facendo entrare l’Eterno nella storia. Oggi, Maria, abbiamo bisogno di te come donna per affidarti tutte le donne che hanno sofferto violenza e quelle che ancora ne sono vittime, in ogni città e in ogni parte del mondo. Tu Le conosci una ad una, conosci i loro volti, i loro timori, le loro paure, i loro fallimenti, i loro peccati. Asciuga, ti preghiamo, le loro lacrime e quelle dei loro cari. E aiuta noi a fare un cammino di educazione e di purificazione, riconoscendo e contrastando la violenza annidata nei nostri cuori e nelle nostre menti e chiedendo a Dio che ce ne liberi. Donaci di imitare le Tue azioni e di desiderare di essere e divenire strumenti d’Amore ed essere espressione d’Amore come Tu solo sai donare.
Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa
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