L’Epifania, una parola che evoca mistero, spiritualità e il profondo significato della venuta dei Magi. Questo antico e solenne evento cristiano, celebrato il 6 gennaio, porta con sé una carica di simbolismo e rappresenta un momento cruciale nella tradizione religiosa. La parola “Epifania” deriva dal greco “epiphaneia”, che significa “apparizione” o “manifestazione”. Questo termine si riferisce alla rivelazione della divinità di Gesù Cristo ai Magi, i saggi uomini che, guidati dalla stella cometa, giunsero da terre lontane per adorare il bambino appena nato a Betlemme. La festa dell’Epifania, dunque, celebra la manifestazione di Gesù Cristo come il Salvatore non solo del popolo ebraico, ma di tutta l’umanità.

Dal punto di vista cristiano, l’Epifania è un momento di rivelazione e accettazione della divinità di Gesù. È il momento in cui la luce della stella cometa illumina il cammino dei Magi, indicando la via verso la verità e la salvezza. Questo evento simboleggia la universalità della salvezza offerta da Gesù Cristo e l’invito a tutti i popoli a riconoscerlo come il Messia atteso. La luce, che rischiara le tenebre, è un simbolo universale, un simbolo che assume vari significati, e tra questi la luce può ben rappresentare la verità che si dischiude alla ricerca e alla scoperta dell’uomo, la conoscenza della realtà che, progressivamente, avanza nella storia: pensiamo allo sviluppo impressionante della conoscenza scientifica, all’avventura della ragione che s’inoltra sempre di più nella complessità della vita, dell’universo, del micro e macro-cosmo. Allo stesso tempo, pur avanzando nella conoscenza e nel dominio della realtà, ci accorgiamo che si svela un orizzonte sempre più ampio: ogni conoscenza è sempre perfettibile, ciò che è sembra avere una sua profondità che sfugge alla presa dell’uomo, quanto più conosciamo, tanto più scopriamo di essere ancora “ignoranti”, la realtà ci supera sempre, è come la linea dell’orizzonte sul mare, che mai raggiungiamo! Celebriamo oggi la grande festa dell’Epifania, il mistero della Manifestazione del Signore a tutte le genti, rappresentate dai Magi, venuti dall’Oriente per adorare il Re dei Giudei (cfr Mt 2,1-2).

L’evangelista Matteo, che racconta l’avvenimento, sottolinea come essi arrivarono fino a Gerusalemme seguendo una stella, avvistata nel suo sorgere e interpretata quale segno della nascita del Re annunciato dai profeti, cioè del Messia. La stella e le Sacre Scritturefurono le due luci che guidarono il cammino dei Magi, i quali ci appaiono come modelli degli autentici cercatori della verità. Essi erano dei sapienti, che scrutavano gli astri e conoscevano la storia dei popoli. Erano uomini di scienza in un senso ampio, che osservavano il cosmo ritenendolo quasi un grande libro pieno di segni e di messaggi divini per l’uomo. Il loro sapere, pertanto, lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini. Così si esprimeva Papa Benedetto XVI: “La manifestazione ai Magi non aggiunge qualcosa di estraneo al disegno di Dio, ma ne svela una dimensione perenne e costitutiva, che cioè “i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” (Ef 3,6). Ad uno sguardo superficiale la fedeltà di Dio a Israele e la sua manifestazione alle genti potrebbero apparire aspetti fra loro divergenti; in realtà, sono le due facce della stessa medaglia. Infatti, secondo le Scritture, è proprio rimanendo fedele al patto di amore con il popolo d’Israele che Dio rivela la sua gloria anche agli altri popoli”. Citiamo un Autore, iniziato a questo confronto dell’uomo moderno con l’esplorato mondo circostante; egli scrive: «l’arricchimento e il turbamento del pensiero religioso, nel nostro tempo, derivano senza dubbio dalla rivelazione che si apre, intorno a noi ed in noi, dalla grandezza e dall’unità del Mondo. Intorno a noi, le Scienze del Reale distendono smisuratamente gli abissi del tempo e dello spazio, palesano incessantemente dei vincoli nuovi fra elementi dell’universo» (Pierre Teilhard De Chardin,“Le milieu divin”, pag. 2).

Procuriamo noi credenti, di non perdere di vista questo primo schermo della rivelazione naturale di Dio, ma di tenerlo presente sullo sfondo della nostra panoramica conoscitiva e spirituale, per alimentare con genuine impressioni il nostro sentimento religioso e la nostra meraviglia esistenziale circa l’opera di Dio e circa la nostra stessa vita; e per essere in migliore condizione di valutare la nuova, la gratuita, la sbalorditiva, la misteriosa epifania, che Dio si è degnato di compiere nella scena umana, mediante l’Incarnazione e la successiva economia della salvezza. L’adorazione del Bambino Gesù da parte dei Tre Re e i doni che loro Gli offrono attestano la Sua vera identità, la persona del Dio Figlio nella quale sono unite la natura divina e la natura umana per la salvezza del mondo. Quanto risulta essere attuale la Festa dell’Epifania, della luce di Cristo che brilla nei cuori cristiani per la salvezza del mondo. Oggi, nella Chiesa stessa sono entrate quelle tenebre che potrebbero ingannarci e condurci lontano dalla Luce che è Cristo. Dopo la proclamazione del Vangelo nella grande festa dell’Epifania, è solennemente annunciato il giorno della Pasqua del Nostro Signore Gesù Cristo. Celebrando la manifestazione del Mistero dell’Incarnazione a tutte le nazioni, rappresentate dai Tre santi Re d’Oriente, la Chiesa riconosce la finalità totalmente salvifica dell’Incarnazione del Dio Figlio. Osservando i grandi momenti della Nascita del Signore, dell’Adorazione dei Tre Re, del Suo Battesimo nel Giordano da parte di san Giovanni Battista, e del Suo primo miracolo alle Nozze di Cana, il nostro sguardo è subito indirizzato alla consumazione dell’Incarnazione nella Passione, Morte, Risurrezione e Ascensione del Signore. “Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i lori scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”(Cfr., Mt 2, 9-11)

Con la odierna celebrazione liturgica sembrerebbe chiudersi un ciclo gioioso, festoso, costellato da colori, luci, sapori antichi e nuovi, momenti di comunione autentica e condivisone fraterna, almeno così sembrerebbe. Ma la vera spiritualità del messaggio contenuto nell’Epifania del Signore, prolunga la “sintonia festosa” che abbiamo celebrato lungo tutti questi giorni. L’apparizione non deve essere confusa o fraintesa con l’affermazione dell’egocentrismo divino: Dio infatti non viene incontro all’umanità in attesa da padrone, quanto piuttosto da Figlio, da Fratello, da Padre. Ecco dunque il senso della “manifestazione”: Vivere o “vedersi vivere“? Il fluire incessante e indistinto della vita col suo Mistero, o la sua mortificazione in forme per il bisogno di ingannevoli certezze? L’uomo nuovo rinascerà dall’incontro con il volto dell’Altro. Il confronto con il volto, costringe l’uomo a ripensare i fondamenti della sua cultura. Bisogna passare, dal principio di identità al principio di alterità, dal primato dell’io al primato dell’altro. Posso comprendere me stesso solo se comprendo l’estraneità dell’altro. Comprendo chi sono, quando l’altro instaura una relazione con me. Chi è l’Altro e qual è il senso profondo del “volto”? L’Altro, secondo il filosofo Emmanuel Lèvinas, è il limite che ci interroga continuamente. Il volto dell’altro è la rivelazione di una trascendenza. L’altro si presenta e si impone per forza propria. Nell’incontro con l’altro, Lèvinas vede l’esperienza fondamentale del nostro essere e del nostro vivere. Nella manifestazione del volto, “nell’ epifania”, scopro che il mondo è mio, nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. Che possa essere proposito centrale in questo nuovo anno per tutti coloro che si identificano con il credo degli apostoli.

Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa

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