Sacro Cuore di Gesù, la scena del mondo conquistata da un folle amore che giustifica l’estremo gesto del dono della vita, che indica la profondità e l’ampiezza e il totale amore per ogni creatura.

Venerando il Sacro Cuore di Gesù la Chiesa Cattolica intende onorare il Cuore di Gesù Cristo, uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la Divinità, ha diritto all’adorazione e l’amore del Salvatore per gli uomini, di cui simbolo è proprio il Suo Cuore. Il culto si diffuse nel secolo XVII ad opera di S. Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto per S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690). La festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia nel 1685. Anni dopo, nel 1765, la Sacra Congregazione dei Riti affermò essere il cuore di carne simbolo dell’amore che dai giansenisti venne inteso come un atto di idolatria, ritenendo essere possibile un culto solo al cuore non reale ma metaforico. Papa Pio VI (1775-1799) nella Bolla “Auctorem fidei”, confermava l’espressione della Congregazione notando che si adora il cuore “inseparabilmente unito con la Persona del Verbo”.

La devozione al Sacro Cuore trionfò nel XIX secolo e il convento di Paray-le-Monial divenne meta di continui pellegrinaggi; nel 1856 con Papa Pio IX la festa del Sacro Cuore divenne universale per tutta la Chiesa Cattolica. Cosa evoca quindi l’immagine e la devozione al Sacro Cuore di Cristo? Il “cuore” è il “luogo” degli affetti, dove siamo davvero noi stessi. Il termine culto può slittare verso il significato di devozione allorché si intende il culto privato, comprendendo sotto tale denominazione la devozione privata, o me­glio, le devozioni particolari ed i pii esercizi, quali originali espressioni di preghiera comunitaria ed individuale. Volendo offrire una riflessione più approfondita a questa devozione o culto del Sacro Cuore di Cristo, possiamo fermarci su alcune considerazioni molto semplici ma che definiamo importanti per entrare nella sua effettiva importanza spirituale. Il primo aspetto parte dal valore della fede; dove ci viene indicato che l’atto del credere a questo amore che riempie e dona valore alle azioni passa necessariamente, come tutti gli atti di fede, dalla “fiducia”. Io credo perché mi fido. Accogliendo per fiducia questo credere, mi apre al secondo passaggio che provoca, nutre, alimenta e mantiene sempre accesa la “speranza”. Chi crede, chi si fida, non teme e sa e vive con il cuore, la vita orientata a questa speranza rigeneratrice che sempre si rinnova.

Terzo e conclusivo passaggio, che è poi la méta di ogni vita umana, è Amare. La fiducia, mi porta ad andare al di là del mio limite umano o ragionevolezza, che spinge e apre la porta alla Speranza certa, che poi nutre quel seme fragile, che è la capacità di essere e rimanere Amore. L’immagine del cuore, oggi profondamente e largamente abusata, rimanda a due polarità, entrambe fuorvianti per la retta comprensione del mistero di Cristo. Da una parte, il cuore è concepito nella sua astrazione più razionale che vuole un Dio impassibile, immune dalle emozioni, privo di sentimenti. Dall’altra, il cuore è ridotto ad una dimensione sentimentalista e irrazionale, alla quale l’uomo non può che sottomettersi passivamente travolto irrimediabilmente dalle passioni. Per entrambe le posizioni le emozioni e gli affetti sono realtà che non possono essere conciliate con l’autentica comprensione di Dio. La solennità del Sacro Cuore riporta al centro il Cuore del Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, capace, in virtù dell’Incarnazione, di vivere pienamente tutte le dimensioni emotive, degli affetti e dei sentimenti propri della natura umana. Il Cuore di Gesù si presenta a noi come il cuore di un Dio che è capace di amare, di commuoversi profondamente per l’uomo, di sentire l’emozionalità dell’amore. Al centro del mistero del mondo c’è Gesù Cristo. Al centro del mistero di Gesù Cristo c’è la sua morte che si schiude nella Risurrezione. Al centro del mistero della sua morte c’è il suo amore, e l’amore di Gesù trova dimora nel suo Cuore. Per questo possiamo dire che la celebrazione della solennità del Sacro Cuore conduce all’essenza del cristianesimo: la persona di Gesù, Figlio di Dio e Salvatore del mondo, svelato fin nel mistero più intimo del suo essere, fino alle profondità da cui scaturiscono tutte le sue parole e le sue azioni, il suo amore filiale e fraterno fino alla morte. Il cuore ha simbolizzato per gran parte delle culture il centro vivo della persona, il luogo dove nell’intima unità della persona si fondano la complessità, la molteplicità delle facoltà, delle energie, delle esperienze, degli affetti, delle relazioni.

Il cuore, inoltre, è simbolo della profondità e dell’autenticità dei sentimenti e delle parole, quindi, della loro sorgente profonda: l’amore. Il culto al Sacro Cuore si propone l’amore di Dio come oggetto di adorazione, di azione di grazie e di imitazione e inoltre considera la perfezione del nostro amore per Dio e per il prossimo come la meta da raggiungere mediante la pratica sempre più generosa del comandamento nuovo: “Amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi”. La devozione al Sacro Cuore, e quindi la sorgente, è la garanzia della vera carità soprannaturale che deve regnare in tutti i membri della Chiesa. Essa induce in tutti i battezzati la volontà deliberata e costante di collaborare insieme all’unico scopo, cioè la salvezza delle anime. Dio, la Creazione, l’Incarnazione, la Redenzione, il cristianesimo come dottrina e come vita, tutto ci parla di amore e ci impegna ad amare. La devozione al Sacro Cuore non è quindi un superamento del cristianesimo, ma la pratica genuina di esso. Questa devozione non intende tentare vie nuove, ma soltanto riportare la nostra fede e la nostra pietà al genuino spirito del Vangelo.
Così scriveva Papa Giovanni Paolo II: “…è, nella sua più profonda radice, la pienezza della giustizia di un cuore umano: nel cuore del Figlio primogenito, perché possa diventare giustizia dei cuori di molti uomini, i quali proprio nel Figlio primogenito sono stati, fin dall’eternità, predestinati a divenire figli di Dio e chiamati alla grazia, chiamati l’amore” (Cfr., GIOVANNI PAOLO II, Redemptor Hominis 9).
Gesù Confido in Te, Gesù io Credo in Te, Gesù io Spero in Te !!!

Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa

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