“Vergine Madre Figlia del tuo Figlio!”
(Divina Commedia, Canto XXXIII del Paradiso, Dante Alighieri)
di Maria Pia Cirolla
Nei meravigliosi versi del 33° Canto del Paradiso così come ce lo trasmette il genio di Dante Alighieri, si trovano concentrate alcune superlative definizioni della Madre del Signore che desideriamo condividere in questa nostra breve meditazione. Il Canto vuole essere, ed anche per noi in parte lo è, una sinfonia di lode elevato alla Madre Celeste: Maria appunto la Vergine Madre, Figlia del suo Figlio. Così la descrivono questi versi: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore. Qui se’ a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra ‘ mortali, se’ di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate”.
Non desideriamo in questa sede compiere un’analisi testuale, così per fornire una spiegazione del brano, quanto piuttosto una visione d’insieme che ci consente di mettere in rilievo alcuni aspetti dei cosiddetti “nomi mariologici” ovvero terminologie con le quali viene identificata e nominata la Vergine Madre del Salvatore. Come l’arte, anche la letteratura ha sentito potentemente in ogni epoca storica, il fascino della «Donna unicamente amata fra gli uomini» (cfr.G. De Luca), la Vergine Madre di Dio, e l’ha espresso con la sublimità stilistica della poesia. È stato detto, e non senza ragione, che un buon terzo della letteratura italiana è di stampo mariano.
Dante in questo Canto si ispira a san Bernardo di Chiaravalle, il dottore dei dottori mariani. Non a caso San Bernardo è suo portavoce presso la Vergine (cfr. Paradiso, XXXI, 100-102); Dante affiderà ancora a Bernardo il compito di pronunciare quella mirabile preghiera di lode e di invocazione alla Vergine che apre il canto XXXIII del Paradiso (vv. 1-45), titolata La preghiera di san Bernardo alla Vergine. In questa preghiera il poeta presenta Maria donna gloriosa al centro del fulgore beatificante del Paradiso. E nel tempo di Pasqua, radioso e gioioso, la Chiesa contempla la Madre del Risorto, quale stella sfolgorante attorno a Cristo, sole dell’era nuova che non tramonta. Nella Divina Commedia la figura di Maria è vista nel mistero della redenzione. La tesi fondamentale del capolavoro dantesco, che si presta a vari livelli di lettura, da quello descrittivo a quello simbolico, allegorico e metaforico, è l’esaltazione del ruolo di mediazione della Vergine: si va a Dio per Cristo, ma a Cristo per Maria. La prova di questa tesi è costituita dal viaggio di Dante, parabola del pellegrinaggio terreno dell’uomo verso il Cielo. La storia di Dante è la storia dell’uomo: caduta e grazia, peccato e purificazione, pellegrinaggio e storia, sigillati dalla più bella preghiera alla Vergine Madre, che tutto orienta, protegge, anima con la sua presenza attiva di mediatrice. Questo viaggio ultraterreno di Dante verso l’ultima salute, verso il Cielo per la visione di Dio, avviene per Maria e con Maria.
Si inizia nell’Inferno, dove Lei appare donna di misericordia che invita alla conversione, si snoda attraverso la purificazione del Purgatorio, dove Maria appare donna di virtù da imitare, giunge alla gloria del Paradiso nel segno della Vergine gloriosa. Viaggio fantastico nei tre regni dell’oltretomba che si snoda con la non richiesta presenza soccorritrice di Maria nell’Inferno, con la sua esemplarità purificatrice nel Purgatorio, e si chiude in un cerchio perfetto nel Paradiso con la sollecitata intercessione materna.
Per chiudere la nostra riflessione diamo una ultima definizione al termine di Vergine Madre Figlia del Tuo Figlio: Come si può essere vergini e nello stesso tempo concepire e dare alla luce un figlio? E’ evidente che solo in Maria questi elementi si incontrano e possono convivere insieme travalicando ciò che dal punto di vista semplicemente umano è impossibile e, nello stesso tempo, incomprensibile. Si, in Maria, la verginità e la maternità si incontrano e diventano una sola cosa. Ma ciò che in Maria avviene nella pienezza in noi si riflette nei tenui colori della fragile natura. Insomma, ogni maternità, se fedele al piano originario di Dio, diventa verginale, cioè integra. Certamente non dal punto di vista fisico, ma sicuramente dal punto di vista spirituale. Cercherò di rendere ancora più semplice questo concetto. L’incontro di due corpi, quando avviene nella definitività di un reciproco dono, nel calore e nella dolcezza di un atto d’amore, diventa trasparente, unico, fecondo. Alla salvezza si arriva e la si guadagna per mezzo di Maria! Il cuore condivide l’esperienza della Sua maternità nell’essere grembo che genera la Vita del Salvatore, ma contempla, in semplicità di spirito, la condivisone del filiale sentimento che accompagna il cammino di tanti fedeli che in Lei, come Lei, si riconoscono “figli” nel Figlio.